Durante gli anni settanta il cloramfenicolo, un antibiotico batteriostatico, venne messo in commercio col nome di Chloromycetin dalla Parke-Davis e produsse circa un terzo dell’utile globale della società.

Già a quell’epoca però si era a conoscenza che chi assume questo tipo di farmaco corresse un certo rischio di morire di anemia aplastica, una malattia inguaribile del sangue. Per questo motivo il tifo era quasi l’unica malattia che , entro certi precisi limiti, giustificasse veramente l’assunzione di tale sostanza.
Nonostante le forti controindicazioni cliniche, dalla fine degli anni cinquanta ai primi dei sessanta, la Parke-Davis spese ingenti somme per promuovere il suo pezzo forte. In pratica per fare pubblicità al proprio prodotto, come sempre hanno fatto e tutt’ora fanno. Ovvero elargendo percentuali ai medici sulle prescrizioni farmacologiche staccate per i loro pazienti.
Robe che fanno da sempre e che chiunque abbia un amico nel settore sa benissimo e può confermare.

I medici americani, così, prescrissero cloramfenicolo a quasi 4 milioni di persone all’anno per curare patologie come acne, mal di gola e raffreddore. Praticamente prescrissero un farmaco tossico per malattie di bassa pericolosità come se fossero bicchieri d’acqua. Ricorda qualcosa?
A differenza del talidomide, che deforma, però il cloramfenicolo uccide. E così vi furono molte centinaia di vittime negli Stati Uniti senza che il loro vero male fosse mai diagnosticato.
Perchè naturalmente oggi come allora: non c’era correlazione.

La verità però è come l’acqua. Filtra sempre.
Così ci fu una denuncia in senato che portò alla creazione di una commissione al congresso. La commissione costrinse la Parke-Davis a esporre in ogni confezione rigorose avvertenze circa i rischi e i limiti dell’impiego del farmaco. E finalmente l’uso del cloramfenicolo calò vistosamente. Ma solo negli Stati Uniti.

Queste avvertenze, infatti, non furono estese alla esportazioni, perché se sono stati beccati in uno Stato, non è mica detto che ti becchino anche altrove.
Così il medicinale così continuò ad essere usato indiscriminatamente in Messico, non soltanto nelle automedicazioni ma anche su ricetta medica, generando così una razza di germi tifoidei farmacoresistenti che vent’anni dopo si stava ancora diffondendo dall’America centrale al resto del mondo.