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In "Things fall apart", (in italiano: Le cose crollano) lo scrittore nigeriano Chinua Achebe racconta la repentina e inesorabile distruzione del sistema sociale di una tribù africana igbo, travolta dall’arrivo dei colonialisti inglesi nel golfo del Niger.
La grandezza del romanzo di Achebe sta (anche) nella scelta di non mostrare tanto gli effetti della penetrazione armata inglese, quanto di soffermarsi piuttosto sugli effetti della loro penetrazione culturale, vera artefice della disgregazione del villaggio.
Come se fosse un monito per le future generazioni Achebe spiega in modo inequivocabile che NON fu l’occupazione militare a fare a pezzi un sistema sociale che aveva resistito per secoli in uno stato praticamente ‘naturale’ (basato sulla convivenza con la natura e sul concetto di responsabilità piuttosto che di pena) fino all’inizio del novecento.
No. A bombardare davvero quel sistema fu la nuova ideologia che l’uomo bianco si portava addosso come la peste.
Non furono le armi, i raggiri e gli inganni o la superiorità tecnologica a spazzare via tradizioni e usanze millenarie, ma la nuova ideologia del XX secolo (cristiana e capitalista). Furono gli dei cristiani ad allontanare i figli dai padri, furono le promesse di un cambiamento, di un nuovo ordine, sia morale che tecnologico, a convincere molti che esso fosse necessario, nonostante non avessero alcun mezzo per percepire davvero cosa fosse questo cambiamento e cosa avrebbe significato.
Fu la nuova ideologia a deprimere inesorabilmente l’intero clan, fu la nuova cultura che come un vento sconosciuto disgregava gli affetti e ridicolizzava le tradizioni creando sbandamento e isolamento.
Fu lo spirito del nuovo corso storico che andava instaurandosi, insomma, ad avvelenare mortalmente gli igbo, disgregandoli per sempre.
Il suo romanzo, in questo tempo moderno in cui tutto crolla sotto i nostri occhi senza che si alzi un alito di polvere, mi ronza continuamente in testa. Forse perchè esattamente come gli igbo anche noi, oggi, ci ritroviamo a fronteggiare inermi un misterioso vento che pare venire da lontano. Il soffio di uno storico cambiamento ideologico che minaccia la nostra esistenza per come la conoscevamo prima. Un cambiamento che, in un certo senso, ripristinerà la torre di Babele, rendendoci tutti sudditi di un unico sistema che parla la stessa lingua, che adora la stessa medesima divinità, sotto un unico sole. Una divinità che in quanto tale, e sebbene si professi laica, rispetta i capricci divini degli dei assolutisti del passato ed esige l’abbandono delle precedenti tradizioni e dei nostri modi di vivere e intendere la vita.
Perchè l’ondata vera che ci sta sommergendo, non è quella del terzo capitolo della pandemia. Ma quella del tecno-scientismo, una nuova religione laica, ma altrettanto spietatamente dogmatica, che promette miracoli scientifici e un futuro mondo perfetto regolato dalla programmazione tecnologica (proprio come il Cristianesimo che prometteva la vita eterna) che i fedeli danno intimamente per scontato come prospettiva salvifica così come i fedeli davano per scontato il paradiso.
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Se vi chiedete perché oggi dubitare sull’opportunità di inocularsi un vaccino sperimentato per pochi mesi per combattere una malattia che presenta il 95% di lievemente sintomatici/asintomatici e che uccide 82enni, sia diventato, invece che un elementare esercizio di prudenza, una improbabile bestemmia frutto dei deliri antiscientifici, è forse perché, in primo luogo, vi siete dimenticati che le nostre più intime convinzioni sono solo frutto dell’industria culturale che plasma il nostro sapere e la nostra coscienza attraverso prospettive, immagini e simboli resi impenetrabili (magici) dalla mistificazione del monopolio tecnologico.
In secondo luogo perché non avete ascoltato bene alcuni passaggi della brillante interrogazione al congresso degli Stati Uniti di Mark Zuckerberg nel 2019. Una farsa giustificata dal quel film demenziale a basso costo chiamato “Russiagate” (ma i complotti si chiamano così solo se non sono di area democratica) ma a cui va riconosciuto il merito di aver consentito a certe dinamiche interne di Fb di essere spiegate (poco e male) dal CEO del social più famoso del mondo in persona.
Per esempio questa interrogazione, nel link qui sotto, del senatore repubblicano (e quindi cialtrone ignorante razzista a prescindere da quello che dica) Bill Posey che citando fonti del dipartimento spiegò che gli Stati Uniti hanno pagato ben 4 miliardi di dollari di compensazioni a persone danneggiate dalle vaccinazioni (ma sicuramente sono balle complottiste come l’esistenza stesso di questo fondo americano pagato dai contribuenti, per coprire le compensazioni da vaccinazioni al posto delle case farmaceutiche) e poi chiese a Mark se fosse sicuro-sicuro che la sua creatura rispettasse la libertà di pensiero dei propri utenti lasciandoli esprimere e postare liberamente contenuti anche anti-vaccinisti.
Nella risposta il gagliardo Zuck prima assicurò, balbettando, che il suo social rispetta le convinzioni di tutti e che sarebbe assolutamente sbagliato non lasciare che gli utenti postino i contenuti che vogliono (lo dice davvero a min.2.30) poi gli scappò inesorabilmente la verità. Cioè che la “comunità” (quale non si sa bene) avrebbe espresso il desiderio di limitare il diffondersi delle terribili fake news dell’internette e loro abbiano semplicemente obbedito a questo grido di giustizia straziante.
Per questo il suo team in California, negli ultimi anni, si è “focalizzato sulla lotta alla pericolosa disinformazione capace di causare danni all’utente con notizie sulla salute ingannevoli” (di quel periodo storico parliamo ampiamente nel docufilm POST-TRUTH).
Ma al contrario di quanto dica l’amabile Zuck nell’interrogazione, agli utenti sul suo social è davvero impedito di condividere contenuti di area cosiddetta Novax. Come peraltro sa benissimo chiunque abbia frequentato il social-blu-mondo negli ultimi anni e le imperscrutabili e immanenti sacre “Regole della Community”, in cui un algoritmo orwelliano decide ciò che è vero o falso (in base a quanto dice la CNN) ed elegge a santi inquisitori 2.0 un manipolo di programmatori californiani prodighi alla censura di qualsiasi -anche minima- eresia alla sacra dottrina della tecno-scienza (im)perfetta.
Ma tutto è legittimo per salvaguardare l’idea zuckerberghiana di democrazia digitale. Il fine giustifica i mezzi. Perchè da quanto capisce lui “ il pubblico consenso scientifico ritiene importante che la gente si vaccini”. E se lo ritiene importante lui, chi sei tu (si deve essere chiesto il povero, si fa per dire, Zuck) per non calare un po’ la mannaia di una sana censura su qualsiasi informazione che critichi anche solo il taglio dei capelli in voga nelle multinazionali del farmaco?
Da qui a novax merda, senza alcun diritto di replica, è stato un attimo.
Ma mica solo su Fb, sia chiaro. Su Youtube è introvabile (perché viene costantemente ricaricato e ri-eliminato) il film Vaxxed (sponsorizzato e supportato da un certo Robert De Niro e cancellato senza preavviso dal Festival di Cinema di Tribeca). Nella vorticosa accelerazione prospettica senza precedenti di questo ultimo anno, infatti, le idee ormai si sono lasciate alle spalle la propria forma fluida e in divenire per rintanarsi in una roccaforte logica in cui il loro significato è sigillato (per sempre?) all’interno di un caveux di significanze gestito dai Mass Media.
All’interno di quel caveux ideologico c’è spazio solo per idee assolute e inscalfibili, composte di definiti sinonimi e contrari che non lasciano spazi a sfumature. Queste regole non scritte (dualistiche) di cui i social sono intrisi incidono visceralmente sulle nostre convinzioni più di quanto riusciamo ad ammettere. Basti pensare, ad esempio, che la maggioranza di noi (l’ho fatto anche io per un bel po’) cataloghi come panzane complottiste qualsivoglia istanza per il diritto a una vaccinazione volontaria e informata (perché così traspare dal messaggio mediatico), mentre giudici e tribunali americani e italiani hanno dimostrato di ritenere alcuni cicli di vaccinazioni colpevoli delle accuse rivolte loro.
https://www.youtube.com/watch?v=yvyFSEs7Zv0
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(immagine rubata alla Chiesa Scientista Italiana su FB)
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(post lungo ma molto interessante se vuoi sapere come giustificarti quando vieni beccato in castagna)
Ci sono momenti che sono registrati nelle menti di noi tutti come un marchio di fabbrica celato nei modelli della nostra generazione costruita e formata in catena di montaggio.
No, non sto parlando del ricordo perfetto di quando tua cugina ti fece toccare le tette. Sto parlando di quei momenti che le immagini, tanto temute da Walther Lippmann, hanno inoculato nel cervello di tutti noi. Eventi che sono il ricordo di uno, ma anche del tutto. Inteso come massa. Di tutti. Ricordi collettivi che, in quanto tali, sono "innestati", per dirla con Christopher Nolan.
Uno di questi è l'11 settembre 2001.
Quasi tutti ricordiamo quel giorno abbastanza nitidamente. O almeno così crediamo.
Dove eravamo, con chi, cosa stavamo facendo e, magari, persino cosa pensammo sul momento. Sono certo che anche tu te lo ricordi. E se non te lo ricordassi, tranquillo, ci penserà il tuo cervello a ricomporre i pezzi. Anche a costo di fare un po' confusione.
A quanto spiega un documentario che ho recentemente visto su Netflix (La mente rivelata – miniserie) ; anche se tutti noi crediamo di ricordare nitidamente e con dovizia di dettagli QUEL giorno (e tanti altri giorni), non lo ricordiamo per davvero.
Di certo non in ogni suo dettaglio. Anzi.
E quì arrivano gli scherzi della memoria e l'11 settembre. Chi se lo ricorda meglio di un newyorkese, l'11 settembre? Come può uno newyorkshire aver dimenticato un evento così spettacolare, così drammatico, così emozionale, così di "Impatto sulla Nazione" per come definirono questo criterio di notiziabilità i sociologi Galtung e Ruge? Cacchio, io ho visto delle vecchie che non sapevano nemmeno dove è New York che piangevano davanti allo schermo come se il nipote avesse detto loro di essere omosessuale! Come può uno newyorshire aver dimenticato quei momenti indelebili, critici e emotivamente così invasivi?
Beh, pensa un po', questi neuroscienziati di Netflix (che dev'essere una nuova specialistica) dicono che i newyorkesi non si ricordano un cazzo di quel giorno.
Ma non è colpa dei newyorkesi, poretti, che hanno già tanti problemi. Sarebbe proprio un bug della mente umana.
Succede che questi neurologi di Netflix abbiano intervistato a intervalli di tempo un gruppo di newyorkesi e sia venuto fuori che ciò che ricordavano del terribile e indimenticabile "9/11", sicuramente era stato terribile ma indimenticabile, no.
Per esempio una ragazza intervistata era talmente certa di ricordare il fumo nero del WTC che quel giorno passava davanti alla finestra di casa sua mentre studiava alla propria scrivania, che quando le hanno dimostrato che era fisicamente impossibile che la colonna di fumo potesse essere passata in quel quartiere per motivi puramente geografici, ha chiesto ed ottenuto di cucirsi da sola la camicia di forza. E, per fortuna che non le hanno detto che lei, addirittura, nemmeno ci viveva a New York quell'anno. Sennò i neuropsichici avrebbero un omicidio/suicidio sul groppone!
Il ricordo della ragazza, e di tantissimi altri intervistati, era totalmente inventato. Quel fumo l'aveva visto in tv.
Che significa? Che i vostri ricordi dell'11 Settembre non sono attendibili come credete e spesso sono persino generati da fattori esterni come i Mass Media.
I VOSTRI RICORDI, in generale, NON SONO ATTENDIBILI.
Il 50% di essi DETERIORANO in modo critico in un anno. Parola di neuroscienziato. Fidatevi, è così per tutti. Tranne che per la tua donna che invece lei ricorda tutto perfettamente, anche di quando non vi conoscevate. Quindi, ad eccezione di tua moglie, la maggior parte delle persone ricordano solo il succo della giornata o di un evento, ma non i dettagli.
Persino i nostri ricordi più significativi e personali, i ricordi che ci caratterizzano come individui (e che stranamente avvengono tutti e per tutti nel periodo tra l'adolescenza e la prima età adulta) possono cambiare nel tempo o essere addirittura totalmente inventati. E questo perchè, a quanto dicono quei terroristi di Netflix, memoria e immaginazione usano più o meno le stesse zone del cervello. E spesso si ritrovano a fondere realtà e fantasia.
E quindi come possiamo davvero sapere qualcosa? Come possiamo essere certi di ciò che conosciamo se i messaggi che vengono impacchettati per noi dai Mass Media sono intrisi della loro tipica superficialità e dei loro bubboni emozionali che distolgono dai fatti in quanto tali per spostare l'attenzione sulle emozioni? Come possiamo sapere se nemmeno riusciamo a ricordare correttamente i fatti perchè ci scivolano di mente come saponette dentro alle docce di una prigione?
Non possiamo essere certi di nulla. E ciò proprio perchè LE STORIE E L'EMOTIVITà sono il trucco più semplice che ha la mente umana per ricordare gli avvenimenti.
Pensaci. Appena una dozzina di persone in tutto il mondo (sicuramente gente che non ha Netflix a casa) riesce a ricordare le prime 20.000 cifre del Pi greco. Pochi eletti. Keanu Reeves della memoria. Ma come fanno?
Boh! Quel che so è che ci sono milioni di persone che hanno interpretato e memorizzato l'Amleto in tutte le sue battute. Oltre 50.000 lettere. Qual è la differenza? Le connessioni, le storie, la narrazione.
LA MEMORIA SI RAFFORZA CON LE STORIE. Il nostro cervello impegna più attenzione nei ricordi che sono sotto forma di racconto. Le archivia con più cura perchè ha più appigli per recuperarle. Più si associa, più si ricorda. E più si associa a strutture che già si possiedono e più è facile ricordare.
Ciò significa che la nostra capacità di RICORDARE è direttamente proporzionale alla nostra CAPACITà DI ORGANIZZARE LE INFORMAZIONI che assorbiamo. Chi ci riesce può fare cose incredibili. Anche più di fondare un partito per non andare in galera. Tipo ricordare serie numeriche di 500 numeri casuali nel tempo che io passo da quando suona la sveglia a quando mi alzo. Poco meno di un'ora. Questa gente ti racconta che per ricordare tutte queste informazioni le legano a storie, elementi personali e al loro vissuto emozionale.
Ed in questo nodo gordiano che si ficcano come vitel tonnè che risalgono la corrente i Mass Media. Sì, perchè proprio le caratteristiche che rafforzano i nostri ricordi (emotività e storie) tendono anche a modificarli, degradarli e renderli meno originali.
I ricordi emozionali, infatti, ci costringono a ricordare l'aspetto centrale ancorato alle sensazioni ma hanno anche il brutto difettuccio di eliminare i dettagli periferici che il nostro cervello 'scarta' perchè non crede determinanti rispetto al nucleo emozionale. Non possiamo ricordare ogni dettaglio dell'esperienza perchè i dettagli marginali (che ti parevano marginali o scevri di emotività, quindi anche certuni importanti) sono stati eliminati. E così ci ritroviamo a colmare quei vuoti, usando conoscenze pre-esistenti (leggere aprioristici), pregiudizi e opinioni pre-esistenti. Sempre parola di neuropsicotico, eh! Mica mia che sono solo psicotico. Ciò significa che i nostri RICORDI sono estremamente FLESSIBILI.
Tanto flessibili che hanno fatto pensare ai professionisti della comunicazione di poter sostituire i nostri vuoti mnemonici con strutture mnmoniche fornite da loro.
Dite che è roba da cretini , da film di fantasciaenza? Da Christopher Nolan?
Guardate che l'impianto di ricordi falsi c'è già stato. E senza stare a colonizzare i sogni della gente con Di Caprio o tirare fuori Bibbiano. Sono bastati un esperimento e dei volontari (dicasi anche cavie umane) che, incalzati dalle domande ad hoc di alcuni ricercatori, d'un tratto ricordavano di aver preso un the col principe Carlo o di aver commesso crimini che non avevano mai commesso. E per aver impiantato questo ricordo i neuropsicotici di Netflix dovrebbero essere denunciati alla Corte dell'Aia. Per il the con Carlo, intendo.
Bentornati all’angolo di “Sì ma, qual è il tuo curriculum scientifico?” come oramai mi chiede ossessivamente anche il ragazzo pachistano che vende ortofrutta sotto casa.
Oggi vorrei provare a raccontare dall’alto della mia laurea serale al Cepu, di un pazzo complottista di quelli ante-litteram, che una persona scientificamente istruita e garbata sa benissimo che per forza doveva essere un eroinomane che rubava televisori per una dose.
Sto parlando dell’antiscientifico troglodita (forse persino leghista) IVAN ILLICH.
Un filosofo talmente suonato da aver osato scrivere addirittura un libro (ma sicuramente lo hanno aiutato) che fece scalpore in ambito scientifico nel lontano 1970 per la sua presa di posizione contro il sistema sanitario dei paesi occidentali: Nemesi medica.
Ohibò, che schizzato che doveva essere questo teologo, poliglotta e storico. Pazzo da legare. Così tanto che quando gli diagnosticarono un tumore alla parotide (guancia) in linea con quanto pensava, decise di non curarlo. E campò altri vent’anni.
Schizzato, dunque, e pure culone!
D’altra parte se la pigliava con la Medicina come se fosse sua cognata, quindi figurati che cerebroleso che crede nei gombloddi di Q-anna, che poteva essere!
Pensate che questo tizio, che si era formato da giovane anche in Italia come molti grandi trogloditi, era talmente scoppiato che ebbe il coraggio di scrivere nero su bianco di un nuovo tipo di epidemia. Di una nuova ‘malattia’ che lui definì IATROGENESI (da iatros in greco: medico).
Cioè la ‘pandemia’ che crea la gestione professionalizzata della Salute.
Illich cinquant’anni fa parlò di un punto di non ritorno. Un punto che secondo lui era già stato raggiunto quando scriveva e a causa del quale le controindicazioni del sistema di cure professionalizzato superavano i benefici delle stesse.
Perchè “l’assistenza sanitaria è una impresa generatrice di malattia, perché ha convertito la sopravvivenza umana nel risultato di una manipolazione tecnica”.
Ammazza ahò, che boiate pazzesche! Se le avesse sentite Bassetti gli sarebbero tornati i capelli!
Illich, pensate, delirava di tre tipi di Iatrogenesi:
In quella CLINICA sottolineava che le cure professionalizzate funzionassero a loro volta da agenti patogeni. Spesso, infatti, come spiega dettagliatamente con svariati esempi (nella seconda parte di Nemesi Medica), sono farmaci, medici, diagnosi errate e ospedali a causare morte, malattie, distruzione e invasioni barbariche di vario tipo, ancora più di batteri, virus o altre cause note. Quando ho letto questo passaggio mi sono detto che doveva essere inciampato dentro una tanica di grappa. Poi qualche mese fa, mi è caduto l’occhio su un dato sconvolgente.
Sapete qual è la terza causa di morte in assoluto in Usa e in Europa dopo infarti e tumori?
I decessi le cui cause sono la sommatoria di errori terapeutici, cure non necessarie, diagnosi sbagliate, operazioni andate male o inutili.
In due parole: proprio la iatrogenesi clinica.
La seconda Iatrogenesi di cui parla, quella SOCIALE, si manifesta attraverso i sintomi di supermedicalizzazione sociale, quando la cura della salute si tramuta in un articolo standardizzato uguale per tutti (che pure siamo simili ma tutti diversi), come se fosse un prodotto industriale (perché tale è), stabilendo ed escludendo, inoltre, la "devianza" rispetto al concetto di salute (quindi quale sia la linea di demarcazione tra ortodossia e “follia” antiscientifica..).
Che per caso vi ricorda un siero sperimentale che verrà finito di testare nel 2023 ma che nel frattempo vogliono dare a vecchi, donne e bambini senza distinzioni?
Se sì, è perché siete malati di mente che sanno dodici lingue come Illich. Quindi complimenti perché il croato è difficile.
La Iatrogenesi SOCIALE diceva Illich non è mai priva di CONNOTAZIONI POLITICHE poiché il buon Ivan quando non sniffava diserbante riconosceva nella Medicina una strumento egemonico e dunque politico, che attraverso l'imperialismo diagnostico priva le persone dall’intervenire sulla propria salute modificando ciò che davvero provoca loro il disagio.
Infatti secondo Illich la Medicina avrebbe assunto una funzione MEDIATRICE.
La Medicina e il sistema sanitario, diceva, renderebbero accettabile per le persone che le sofferenze siano quelle inflitte dal sistema industriale (dal sistema di sviluppo, dalla tecnologia aggiungo io). Perchè la farmacologia e la medicina occidentale curano la sofferenza (soprattutto a carattere sintomatico) ma, facendolo, occultano le reali cause di questa sofferenza.
E qui arriva la terza tipologia di iatrogenesi quella CULTURALE. Perchè la iatrogenesi è un problema politico e sociale e di conseguenza diventa anche un disastro culturale e antropologico perché la medicalizzazione e la farmacologia "distruggono nella gente la volontà di soffrire la propria condizione reale". Cioè di percepire la vera essenza della vita che è fatta, ahinoi MA perfortuna, anche di sofferenza. La civiltà medica ha ridotto il dolore a problema tecnico e lo ha privato del significato personale, trattandolo allo stesso modo per tutti, quando invece esso è il sintomo di un confronto con la realtà.
Queste sarebbero le tipologie pandemiche che già stavano prendendo largo negli anni 70 e nel futuro che vedeva Illich. Che poi è il nostro presente.
WOW.
Doveva essere proprio un disagiato che si addormentava in stazione senza uno straccio di dottorato scientifico, questo Illich!
Me li immagino i Burioni dell’epoca, i Mentana degli anni ‘70 (suo padre?): l’avranno sbranato vivo!
Dove sono le sue pubblicazioni peer to peer Sig. Illich? Ce l’ha un master in zanzarologia per aprire bocca?
MancHego