Fake News e Opinioni

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Se non ne aveste abbastanza del film dell’orrore quotidiano a cui ci hanno abituato i nostri amati mezzi di informazione, prossimamente ci si può torturare, anche al Cinema, guardandosi l’ultimo rantolo di Dario Argento. Almeno se avete voglia di impiccarvi, lo farete con la consapevolezza di aver fatto la cosa giusta.

La mamma mi diceva sempre di assaggiare prima di dire se una cosa mi piaceva o meno. Ma la mamma non aveva assistito al lento e straziante finale della carriera di Dario Argento. Quindi mi perdonerà, ma con Occhiali Neri, il nuovo prodotto del fu maestro dell’horror, proprio non ce la faccio. Anche se è stato presentato al Festival di Berlino, anche se è il ritorno del regista dopo dieci anni (ci sarà stato un motivo). Anche se lo stanno pubblicizzando alle fermate degli autobus più della quarta dose ed è destinato a riscuotere lo stesso successo.

Non ho alcuna intenzione di vederlo. A dire il vero non potrei nemmeno farlo perché non ho il grinpasse (e forse per questo devo ringraziare un altro maestro dell’orrore come robertino speranza), ma non lo guarderei nemmeno se fosse per far tornare Zelinsky a fare il comico in latex.

Questo è un consiglio spassionato per mantenere vivo il ricordo del vecchio Argento. Quello di Profondo Rosso, L’uccello dalle piume di cristallo e il Gatto a nove code. Quello prima del metadone, per intenderci. Come la pizia vi avverto: non guardatelo! Fidatevi! Evitatelo come se fosse il VHS di The Ring. Ho un amico vaccinato a Berlino che è andato alla prima e poi ha sofferto di una trombosi ad entrambi gli occhi. Per la bruttezza del film, sia chiaro.

Occhiali Neri era già marchiato a caldo con l’indelebile segno della stronzata intergalattica quando, nel 2020, Asia Argento ficcanasando (probabilmente strafatta) nella soffitta del padre, ha estratto questa sceneggiatura chiusa dentro un cassetto che se era lì ci sarà stato un motivo.

Il risultato di questa co-produzione della figlia, risulterà ancora una volta una insuperabile minchiata. E, ripeto, lo dico senza averlo mai visto e non avere alcuna intenzione di.

Non solo perché gli ultimi novantotto film del maestro sono stati tutti (tutti) delle coliche renali. Non solo perché ancora una volta ci recita Asia che possiede la rara dote di far rivalutare come attore Alberto Tomba. Ma sicuramente non la povera Ilenia Pastorelli, protagonista del film. Un binomio, quello col padre, oramai sinistramente simbolo di zenit di abiezione cinematografica, citato anche sul Mereghetti come “la famiglia monnezza del cinema”.

Non solo perché Dario dopo aver posto una lapide sulla sua carriera con l’osceno (ma, ahilui, non è un complimento) Dracula 3D si era ritirato e c’aveva promesso che sarebbe rimasto rintanato nel suo loculo fino a quando qualcuno non gli avesse trafitto il cuore con un paletto di frassino. Non solo perché è tornato per girare il solito film da Argento con il solito serial killer psicopatico da Argento di cui nessuno sentiva la mancanza (soprattutto quando gli psicopatici, oggi, sono tutto intorno a noi).

No. Vi dico di evitarlo come un hub vaccinale perché sarà un film di paura floscio, perché sarà la solita brutta copia dei vecchi film buoni. Ciò che il povero Dario e la sua candida figlia non vogliono accettare è che i tabù che infrangevano (l’uno in pellicola e l’altra con la propria carriera post-it di attrice/celebrity), ora non sono più tali.

Il cinema di Dario Argento negli anni 80 ci impressionava per scene pop, fantasiosi ed estetizzanti omicidi, sangue a fiotti come quadri impressionisti, schizofrenia ed esoterismo spinto come a una riunione di famiglia dei Rothshild. Smascherava i tabù della società borghese italiana che era vittima dei propri retaggi culturali cattolici e delle proprie celate schizofrenie moderne.
Di quel piano di lettura, tipico anche degli horror di Pupi Avati, non è rimasto nulla.

Ciò che è rimasto sono sicuramente le scene splatter che negli anni ottanta terrorizzavano la Curia ma che oggi sono quotidianamente e oscenamente superate dall’ultraviolenza (per dirla alla Kubrick) vigente nei nostri palinsesti. Dal sesso e dalla provocazione costante come intermezzo tra una pubblicità e un notiziario.

Siamo stati anestetizzati con emozioni vuote e bombardamenti di terrore. E di conseguenza sono cambiate le paure perché esse mutano in relazione al quadro etico, storico e sociale a cui si rapportano. Siamo cambiati noi.
Mentre Dario da quarant’anni ha due tipi di trame. 1- quella col serial killer 2 - quella col sabba. Ma soprattutto soffre di un grande problema che attanaglia gli autori più noti. Una malattia genetica che colpisce le pellicole di molti vecchi registi. Quella di essere dei buchi neri col nome del regista intorno. Prodotti nati e sponsorizzati solo ed esclusivamente per spremere il nome Dario Argento come un limone quando in realtà Dario Argento è già morto da un pezzo. Artisticamente parlando, eh.

Anche se dal colorito plumbeo che sfoggia solitamente, uno poi non è tanto sicuro che sia defunto solo artisticamente.


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Mentre il gabinetto (dopo tanti anni ho finalmente capito perché si chiama così) ci serve, alla vigilia di natale, il suo pacco regalo contenente le attesissime nuove restrizioni che sanno tanto di lockdown senza chiamarsi lockdown, a quanto pare, siamo di fronte al picco più alto dei contagi da inizio pandemia!
Il picco più alto di SEMPRE! Cioè oh! Boom!

Non a febbraio/marzo con le ottanta bare di Bergamo portate via da 108 tir, non nella terribile seconda ondata annunciata a Novembre 2020 dal prode conte col 15% scarso di posti letti occupati in t.i. , ma oggi.
Dopo praticamente due anni di “c’è la pandemiaaaa!”, distanziamenti, vite e attività rovinate e due dosi, dicasi due, (ma facciamo tre col riporto di uno) di un siero sperimentale che doveva prevenire dai contagi.
Perchè questo fanno quelli che voialtri chiamate uaccini. Immunizzare.
(Ma ehy: funzionicchia al 98 percento, no al 60, no al 45 percento ma per un mese e mezzo, anzi non immunizza ma non vai in t.i., anzi puoi morire ma soffri meno di un non uaccinato!).

Così dopo avervi ripetuto per mesi e fino allo svenimento che il calo dei contagi di questa estate fosse fisiologico perché così accade tutte le dannatissime estati e che i uaccini non c’entrassero una fava con questa flessione, esattamente come non c’entravano il lockdown, il distanziamento, i gel antibatterici e le mascherine con la flessione della curva epidemiologica che avviene all’inizio della stagione estiva (perché così è sempre stato ogni mortacciloro stagione da tipo da 100mila anni a questa parte);
ti senti un po’ Famoso Jole, la cartomante sensitiva, un po’ un cieco in un mondo di sordi con tendenze suicide.

Nessun potere di preveggenza.
Semplicemente succede così ogni anno. Solo che siete così scollegati dalla realtà, quella vera esperienziale, che non ve ne rendete nemmeno conto.
A quel punto di solito partivano dei:
"uaccinati capra! Solo così possiamo salvarci da una malattia che uccide 81 enni pluripatologici" ecc ecc e poi mi bannavano..
Chissà se oggi che hanno scoperto di doversi tamponare dopo essersi punturati due volte, la pensano uguale?

Beh, a tutti quelli che mi hanno insultato, augurato terapie intensive, accusato di essere “un pericolo” perché faccio disinformazione (pericolossssima mica come iniettarsi un siero genico sperimentale 4 volte in un anno) vorrei dare un’altra ovvietà su cui NON riflettere.
Perchè tanto non ci rifletterete, è inutile girarci intorno.
Rimarrete arroccati sulle vostre grottesche posizioni che negano la vita e la realtà sotto i vostri occhi perché ve lo dicono i vostri soprani preferiti in camice bianco tra un jingle natalizio e una comparsata televisiva.

FATEVENE UNA RAGIONE
Il super picco di cui parla lo sfatto quotidiano è causato dalla uaccinazione di massa.
É CAUSATO DA VOI

è il più alto da quando è iniziata la pandemenza. E avviene stranamente quando abbiamo quasi il 90% di inoculati!!
Veh, le coincidenze, eh! Come in Islanda, come in Norvegia e come in Israele.

Il più alto picco da inizio pandemia col novanta percento di inoculati.
Do you remember tal premio Nobel Luc Montagnier che blaterava di varianti vaccino resistenti e più aggressive che si sarebbero create proprio dalle va++++ni di massa?
Ma a voi, pur di non ammettere di non aver capito una cippa e di aver dato del coglione rincoglionito a un luminare dall’alto del vostro diploma in perito agrario, non vi si accenderà una lampadina nemmeno sta volta.

METTETEVELO IN TESTA: avete messo in pericolo la vostra vita al grido de “lo faccio per gli altri” e ora ci sono più contagi di prima.
Quindi dati alla mano, lo avete fatto per voi e basta.
Non certo per gli altri visto che i contagi sono aumentati.
Lo avete fatto per voi e basta.
E avete fatto una cazzata perché vi hanno preso per il culo fin dal primo giorno.

Siete voi punturati che state protraendo questa pantomima.
Siete voi col vostro piegare la testa e obbedire che state facendo sì che tutto ciò non finisca mai.
Invece di comprare cianfrusaglie inutili ai vostri figli, fate loro davvero un regalo di natale: mostrate loro che sapete ancora cosa significhi fare la cosa giusta.
Alzate la testa e regalate ai vostri figli una lezione di dignità che si porteranno per sempre con loro e conserveranno gelosamente nei loro cuori.



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“Revolution Will not be Televised” cantava Gil Scott-Heron nel 1971. Ma come può un macro evento come una rivoluzione, non andare in onda in televisione?

Diverso tempo fa mi è capitato di vedere Network di Sidney Arthur Lumet e ho capito che se la “rivoluzione” va in televisione, dopo della rivoluzione non resta più niente.

Questo uno degli (innumerevoli) messaggi (non troppo) subliminali di questo indicibile filmone, citato e depredato dai videomaker (dal sottoscritto più volte) e sceneggiato da Paddy Chayefsky. Già nel lontano 1976 il plot del commediografo ci svelava senza peli sulla lingua quali siano le “forze primordiali” (per dirla come nel monologo da pelle d’oca di Ned Beatty) che stritolano e incatenano un mass media alla parzialità per statuto. Ma raga, è roba che si sa solo da cent’anni. Che severgnini se ne faccia una ragione.

Il male non è la stupidità umana come suggerisce il recente Don’t Look Up (che tanto deve a questa sceneggiatura folgorante di Chayefsky), ma la logica spietata della rete (per l’appunto il network) di rapporti e di interessi produttivi, finanziari e speculativi che falcidiano alla fonte qualsiasi pretesa di neutralità e, di conseguenza, qualsiasi illusione democratica. In comune, il prodotto di McKay e quello di Lumet hanno il tono satirico e pungente dei dialoghi frizzanti e sagaci e, soprattutto, una critica feroce sia del mondo dei media, sia dei loro fruitori disumanizzati. Noi.

Perché tra di noi c’è un’intera generazione che non ha mai saputo niente se non attraverso la tv”.

Sappiamo quanto questa frase sia oggi tragi-comicamente vera. La tv è un circo, un carnevale di finzione, dice il “profeta pazzo dell’etere” al suo pubblico. E non appena termina il monologo, sviene a terra come un Jucas Casella, con la musica che sale e gli applausi scroscianti. Perché Network è pure ironico, sebbene incastrato in una regia da film d’inchiesta.

Prodotto della Hollywood dei bei tempi inesorabilmente andati, Network è un trattato di critica sociologica applicato a un’emittente televisiva (mass-mediologia pura, intesa come analisi dei rapporti di produzione) che senza alcuna motivazione valida è stato tradotto in italiano in “Quinto Potere”. Un po’ perché è una sorta di sequel ideale di Quarto Potere di Orson Welles, un po’ perché in Italia dall’alba dei tempi persiste questa antica tradizione di tradurre titoli a cazzo.

Non solo grandiosi monologhi che tolgono il respiro (su tutti quelli di Peter Finch o di William Holden) che parlano della società di ieri, di oggi e di domani senza invecchiare di un minuto. Non solo personaggi squisitamente paradossali, “umanoidi” drogati di share fino all’orgasmo (letteralmente) e felicemente votati alla nevrosi di cui il ruolo interpretato da Faye Dunaway è il più magnifico (e mostruoso) esempio. “Tutto ciò che voglio dalla vita è un indice di 30 e un alto gradimento”.

Faye Dunaway in una celebre scena del film

Una trama geniale

Ma è anche e soprattutto una trama audace e strutturata che tiene il tempo come un orologio svizzero. La pellicola si sviluppa intorno alla figura di uno stimato anchorman di un telegiornale, Howard Beale, sul punto del licenziamento dopo quindici anni. Depresso, alcolizzato, in crisi di nervi e con un indice di gradimento in picchiata che manco chicco mentana. “Ero uno di quelli seduti alla scrivania del ‘sapiente spassionato’ che riferisce con apparente distacco la parata di pazzie che costituiscono la cronaca”.

In una delle sue ultime apparizioni il conduttore si cala whisky a caraffe come se fosse Boris Johnson e sbrocca in diretta annunciando che si suiciderà in favore di telecamera. L’imbarazzante incidente fa infuriare i piani alti, ma crea aspettativa nel pubblico e risonanza mediatica. Così l’ad Frank Hackett (Robert Duvall) e Diana Christensen (Dunaway), contro le reticenze del vecchio ma integro direttore della sezione notizie Max Schumacher (Holden), decidono di “rischiare”. Perché il rischio è l’unica vera regola negli affari.

La rete, allora, offre a Beale un nuovo programma-baraccone in cui, tra maghi e indovini, possa dare sfogo alla genuina rabbia che pervade i suoi discorsi e che tanto sembra piacere agli spettatori, che non bisogna mai e poi mai lasciare annoiare.. “Gli americani sono incazzati. Dobbiamo dar loro programmi incazzati” tuona la favolosa Dunaway e viene da pensare alle riflessioni sulla stimolazione della rabbia da parte dei media per non perdere l’attenzione del pubblico, di cui parlava David Foster Wallace in alcuni suoi saggi sulle aragoste (se non sbaglio).

Poi, come in ogni storia che si rispetti, qualcosa va storto. Il prorompente successo iniziale del “profeta pazzo dell’etere” rilancia la carriera e persino l’aspetto dell’alcolizzato e malandato Beale che riacquista eleganza e contegno. L’indice di gradimento come elisir di lunga vita, ma anche come discernimento tra accettazione e discriminazione. L’anchorman, però, non si limita solo ad arrabbiarsi e a rivelare scomode verità. Quello di Howard Beale è un risveglio spirituale. Pura follia, in un universo senza valori e orgogliosamente nichilista come quello televisivo che travolgerà tutti come uno tsunami.

Disinnescare il dissenso

Ora, però, vorrei tornare alla canzone “Revolution will not be televised” di Gil Scott-Heron e sul perché la VERA rivoluzione non andrà in onda sul mainstream.

A ben guardare, uno dei messaggi più annichilenti di Network è proprio il mostrarci come i media abbiano il potere di inglobare le idee più sovversive e “devianti”, prosciugarle dei contenuti e darle in pasto all’audience in forma di uno spettacolare guscio vuoto.

Dunque, persino le invettive del profeta pazzo, per quanto pericolose e anti-sistemiche, vengono tollerate in nome del Dio audience. Ma solo perché, come osservava il filosofo Herbert Marcuse, il sistema dei media ha acquisito la capacità di riassorbire le forme culturali che gli si oppongono, disinnescandole.

La celebre scena del monologo di Peter Finch con cui lo showman convince migliaia di spettatori a urlare fuori dalla propria finestra uno slogan emozionale, rappresenta, in modo desolante, proprio questo.

L’unica “ribellione” che ci concediamo é spudoratamente incatenata al nulla osta dei media. È una ribellione indotta, un false flag. Prova ne è la scena che vi metto qui sotto, in cui Beale sfogando la propria frustrazione davanti alle telecamere autorizza i telespettatori ad essere incazzati. Ma invece di innescare una miccia e una reazione di massa, incanala la loro rabbia in una sorta di flash-mob che disinnesca la rabbia stessa.

É così che, anziché andare in strada a lanciare molotov contro il Parlamento, noi #restiamoacasa a cantare dai balconi come dei luigidimaio. I nostri pensieri e le nostre emozioni sono suggerite dai media. E, allo stesso tempo, il nostro stesso dissenso diventa reale solo quando passa dal messaggio ipnotico del mainstream. Dunque, sembra suggerire, l’idea stessa che abbiamo di sollevazione o di protesta è incatenata a quella che il sistema mediatico ci fornisce su un piatto d’argento. Avvelenato. Perché la tv infetta. “Sei la tv incarnata. – dice William Holden alla Dunaway in un struggente dialogo- Tutto quello che tocchi, muore”.

E quando guardi fabiocazio capisci quanto sia dannatamente vero.

Una tesi che torna più volte durante il film. Non a caso viene data profonda visibilità al personaggio che scimmiotta Angela Davis, l’attivista americana per i diritti civili con l’afro più iconico di sempre. La referente del partito comunista con la scusa della visibilità viene convinta a dare l’assenso per un (anticipatorio) docu-reality su alcuni gruppi terroristici affiliati. E nel momento stesso in cui scende a patti con le televisioni liberiste, si ammala per sempre, venendo risucchiata in una logica puramente mercantilista. Idem dicasi per i terroristi col vizietto del selfie che in un minuto si trasformano nella mano armata del sistema che dovevano combattere. Praticamente la storia di pasqualebacco.

Forse perché, quando entri nel business, poi è il business che entra in te e non ne esce più.

O forse perché la tv (o meglio i media), come dichiara il profeta pazzo Howard Beale, è la “più spaventosa forza di questo mondo senza Dio e Dio non voglia debba cadere nelle mani sbagliate”.

Ecco.. Campa cavallo.

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Mentre Mediaset defalca bellamente dai palinsesti generalisti gli unici due programmi non del tutto allineati con la narrazione del pensiero unico (Giordano e Deldebbio), su Panorama sbuca un servizio bomba termonucleare che in poche righe smerda clamorosamente tutto quanto venga raccontato da mesi e mesi da tutti gli espertoni pluri-bonificati che infestano gli altri show da prime time che, invece, continuano imperterriti a spargere fake news h24 e senza pudore alcuno.
Col risultato che la prima massaia di Voghera che passa se li mette in tasca come se fosse un luminare di fama internazionale con una sola semplice frase (vedi svariate figure di m. di bassetti).

Al contrario di quanto affermato spudoratamente da Vespa (Non esistono casi di morti dopo il vaccino”) e a reti sostanzialmente unificate da TUTTI i media mainstream
questo articolo di Panorama conferma che in Europa sono stati registrati 27mila decessi correlati alla uaccinazione anti-c++++.

E pensare che noialtri con la terza elementare lo diciamo solo da luglio ! Ma non siamo veggenti, eh!
È che abbiamo da poco imparato a leggere e ci esercitiamo coi dati di Eudravigilance – la vigilanza attiva europea sulla somministrazione dei farmaci di EMA- che è da un pezzo che fa pochi sconti a riguardo. Si vede che anche Angela Camuso, la giornalista di Panorama, ha imparato a leggere da poco.

27 mila morti.
Non zero come dice metastasi-vespa. Non uno, non due.
27mila.
Che Bufalenet , open, fanpage e tutti questi negazionisti della realtà che promulgano, contro ogni evidenza scientifica, la verità di regime, se ne facciano una ragione.

È la più alta mortalità legata a una campagna di v++++ne della storia delle v++++++++ni.
Il numero di vittime è già più alto di tutte le campagne va+++++li precedenti negli ultimi 100 anni.
E tutto ciò in meno di un anno, quando le altre campagne sono durate anche un secolo.

Se non sono numeri questi non so davvero quale lo siano. Se non capite che cos’è una strage di Stato di fronte a dati, meri schiaccianti numeri, l’unica spiegazione è che la strage sia stata fatta tra i vostri neuroni.

A questi vanno aggiunti quasi 505mila reazioni avverse gravi.
MEZZO MILIONE
Che non significa morte, ma può significare avere la vita rovinata o parzialmente rovinata per sempre.
505mila su una popolazione europea di circa 447 milioni di persone, fa in soldoni una reazione avversa grave ogni 1000 inoculazioni, ma i dati sono anche più inquietanti se consideriamo che gli inoculati sono molti meno dell’intera popolazione europea (circa il 70% ?) e dunque la percentuale di danneggiati sui punturati effettivi è molto più alta.

Se non bastasse, il problema è che questi sono solo i casi segnalati. Poi ci sono i casi NON segnalati che (lo dice la logica) sono la maggioranza. Non solo per la riluttanza e le difficoltà nel segnalare dei pazienti ma anche e soprattutto per l’ignavia di molti medici che evitano di aprire segnalazioni per timore di ritorsioni.
Ne parla per esempio, nell’articolo su Panorama, Caterina Santangelo di Catania che a 47 anni è diventata CIECA per una ischemia al cervello di cui tutti i medici (tranne uno) hanno escluso la correlazione col v++++o. Tutti tranne uno.
D’altra parte è diventata cieca due giorni dopo la somministrazione. Perchè dovrebbe esserci correlazione? Era semplicemente destino che di punto in bianco, dovesse diventare cieca a 47 anni, improvvisamente.

Per sicurezza comunque, e per non alimentare improvvide teorie nouacs, AIFA registra le reazioni avverse come tali, solo se vengono segnalate nei primi 3 giorni successivi all’inoculazione. Quindi nel caso di Traian Calancea, trovato morto per emorragia celebrare a 24 anni (24!!), dieci giorni dopo la somministrazione e per cui la madre ha sporto denuncia, AIFA potrebbe non averlo nemmeno segnalato nel registro delle reazioni avverse ufficiali.
Oh, vabbè capita, quante storie! VACCINATEVI E NON ROMPETE I COGLIONI!!!

Il risultato è che questa estate nella fascia 15/44 anni l’aumento di mortalità per qualsiasi causa in Italia è più che raddoppiato (grafico Euromomo.eu sotto) rispetto al 2020 e 2019 e quadruplicato rispetto ad altri anni precedenti tipo il 2016.


Ma tanto è tutto assolutamente normale, no?

Una volta quando moriva un ragazzo, o un calciatore sveniva in campo per problemi cardiaci, se ne parlava per giorni su tutti i giornali nazionali.

Ora, schiattano per infarti o accusano gravi malori giovanissimi e calciatori di fama internazionale come El Kun Aguero o Eriksen, ciclisti e atleti olimpici, un giorno sì e uno no, e nessuno che faccia 1+1 e osi mettere in correlazione una sperimentazione di massa iniziata nel 2021 con una spaventosa impennata di mortalità avvenuta proprio nel 2021.
Un picco di morti in una fascia di età (15/44) che NON vantava 81 anni di media e 3 patologie pregresse e che, sempre DATI ALLA MANO,
MAI E POI MAI sarebbero stati in pericolo di vita per il C++++.
Ma non ci voglio pensare perché poi mi scatta una istantanea voglia di imbracciare un fucile d’assalto.

Se foste in un libro di Conan Doyle, Sherlock Holmes, con voialtri, si sarebbe fatto accoltellare dal maggiordomo piuttosto di farvi lo spiegone finale.

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Il premio "NON SONO SVEGLIO MA LAVORO PER UNA FARMACEUTICA" questa settimana se lo aggiudica Fabrizio FREGNASCO!

Fategli un bell’applauso!
Ancora una volta il dott. Fregnasco si aggiudica l'ambito concorso accademico per la dimostrazione empirica che il processo trans-umanista è davvero in atto e smaccatamente sotto i nostri martoriati occhi.
Non solo la fusione tra uomo e macchina. Ma anche, e soprattutto, la fusione (ormai dolorosamente entrata nell'immaginario comune) tra la professione di dottore e quella di minchione. Il dott. Fregnasco in pratica è un avanguardista del trans-MINCHIOnesimo dipinto profeticamente da Klaus Schwab (credo nei capitoli finali). Il prototipo perfetto della nuova casta sacerdotale. Bugiardo e prono come una olgettina, acuto come una myrtamerlino che attraversa l’autostrada. 
Mentono come automi sapendo di mentire e lo fanno con la stessa capacità di dissimulare la tensione di fedez quando si spezza un’unghia.

Nella foto potete ammirare uno screenshot della risata isterica e disperata di Fregnasco nell’esatto momento in cui si rende disperatamente conto che il giornalista de La Verità Francesco Borgonovo lo sta sputtanando in diretta televisiva, svelando che nel suo ospedale si rifiutino le operazioni ai non benedetti. Una sciocchezzuola che sarebbe un reato.

E lui che fa? Svicola abilmente cambiando discorso come un abile volpone? Tace? Evita di fare figure di merda e fugge dallo studio fingendo indignazione come bassetti? Macché.

Da un parte
sguaina una spocchia che manco Madonna con la sua truccatrice, nega tutto e il contrario di tutto e frigna come un dodicenne gridando frasi che sembrano titoli de La repubblica tipo: “Ma lei cosa ne sa: abbiamo l’ospedale imballato!” E a tutti viene immediatamente da pensare: “Ma se la sua struttura è così in difficoltà, lei, dottore, che cazzo ci fa tutti (TUTTI) i dannatissimi giorni in tv?”

Dall’altra tira fuori la brillante carta della vittima dei cattivoni disfattisti che ce l’hanno con lui (e con il progresso tutto), sfoderando in diretta il telefonino che vibra silenzioso nella sua tasca per poi dire: “Questa è l’ennesima telefonata che ricevo senza numero. Sarà come al solito una telefonata di insulti e per questo devo ringraziare voi (de La Verità)”. 
Pora stella. La cosa che fa più pena è che Fregnasco pensava di muovere a compassione e invece appena lo ha detto siamo tutti scoppiati a spanciarci dal ridere. Sua moglie compresa.

Solo che toh! Pochi giorni dopo salta fuori una circolare interna del suo Istituto, il Galeazzi di Milano gestito proprio da Fregnasco, che dice espressamente che le operazioni calendarizzate dei non punturati devono essere rimandate. E sapete chi ha firmato quella circolare?
Sempre Fabrizio Fregnasco.

Fenomeno. Apoteosi. A livello del gotha della virologia anthony fauci, capace anche lui (come con l’idross++++ina), di smentirsi da solo.

Giù il capello e tutti in piedi a rendere omaggio al radioso presente e futuro che ci attende trionfalmente: il trans-minchionismo.

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Non avremo più pace, finché verremo trattati come pregiudicati,

non avremo più serenità, finché questo sistema sarà incompatibile con la vita,

non avremo più difese, finché ci spoglieranno di ogni diritto,

non avremo più diritti, perché quelli che avevamo evidentemente erano troppi,

non avremo più tanti amici, perché molti di loro ci credono pazzi,

non avremo più scelte, perché le opzioni sono sempre state tutte identiche,

non avremo più sorrisi, perché le maschere ci hanno tolto anche quelli,

non avremo più idoli, perché ci hanno tradito tutti,

e non avremo più paura, perché sappiamo che non ci sarà più nulla da perdere.

Ma avremo sempre le nostre braccia,

avremo sempre le nostre gambe,

avremo un cuore che batte,

avremo un cervello che ragiona,

avremo uno spirito indipendente,

un’anima indomita,

e avremo occhi che ardono,

perché abbiamo una vita,

e ora abbiamo uno scopo nella vita.

IMPEDIRE QUESTO SCEMPIO, QUESTO OLTRAGGIO AL SENSO DELLA VITA e ALLA VERITà.

QUESTO SABATO 25 SETTEMBRE: Grande manifestazione nazionale di tutte le sigle della protesta unite a ROMA

Mandiamo a questi criminali un segnale forte e chiaro, un segnale di cieca determinazione.

Quella di chi è abbastanza ‘pazzo’ da usare i termini corretti di fronte a quanto sta accadendo e di chi è abbastanza essere umano da riconoscere l’importanza del sacrificio per salvaguardare il futuro della comunità.

Sabato, mandiamo un segnale forte e chiaro direttamente nella tana dei traditori dell’umanità italici. Mandiamo anche noi un bel pizzino a questi pezzenti nazi-mafiosi che ricattano donne, bambini e onesti lavoratori e lavoratrici. Il linguaggio mafioso è l’unico che riconoscono.

Ebbene: mandiamogli un bel pizzino in forma di boato che faccia tremare i vetri di Montecitorio.

Non possiamo permetterci di fare passi indietro. Proseguiamo avanti tutta anche se ci sembra di non ottenere nulla, anche se ci sembra di far loro il solletico. Perché nulla si crea e nulla si distrugge (e dopo 70 anni dalla fine del nazismo, ora lo sappiamo).

Tutto si trasforma e serve tempo perché questo processo si completi.

Dunque, non scoraggiamoci anche se tutto pare essere oltre le nostre forze. Tutto era (immensamente) più grande delle loro forze anche nei primi del 900 quando le proteste dei lavoratori e il loro sacrificio (in termini anche di vite umane) consentì a quella generazione di guadagnarsi i diritti che ora ci stanno togliendo un passo alla volta, ma in modo inesorabile.

Crederci, crederci sempre. Perchè fare le cose senza crederci, equivale a non renderle attuabili davvero.

Un vincitore è semplicemente un sognatore che non si è mai arreso - Nelson Mandela

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Vi siete mai chiesti, durante questi due anni di CoVida Loca quotidiana, perché alcuni amici o conoscenti, anche a fronte di prove lampanti, talvolta colossali, si rifiutino categoricamente di “vedere”?
Si tappano le orecchie e ti dicono che non vogliono saperne più niente. Che è inutile parlarne perché hanno la “loro” opinione.
Non so perché, ma scommetto che vi è capitato. 

Beh, non ci crederete ma Essi Vivono, un film del 1988 di John Carpenter, ci spiega esattamente questo meccanismo psicologico. E lo fa con una sequenza di lotta greco-romana tra Roddy Piper e Keith David paradossale quasi quanto Pomeriggio5 con barbara d’urso. E che dura minuti 9 di cazzotti. Nove. Un’eternità nel Cinema. Quasi quanto stare a discutere con parenzo senza chiamare la neuro. Motivo del violentissimo duello? Piper vuole che David indossi degli occhiali da sole. Giuro che, quando lo vidi la prima volta, pensai che Carpenter si fosse bruciato il cervello con le anfetamine.

Ma il regista di capolavori del terrore come La Cosa” o il Il Seme della Follia” e Grosso guaio a Chinatown” non era impazzito e (forse) non era nemmeno drogato (e, comunque, gli ho promesso che non ne avrei parlato). Eravamo noi a non essere abbastanza maturi per capire. Non gli interessava essere credibile. Lui voleva proprio che ci domandassimo perché quella sequenza, che è stata definita “tra le più inesplicabili della storia del Cinema”, fosse così lunga. Voleva che avessimo il tempo di rimanere interdetti e chiederci perché due amici si riempano di mazzate per nove lunghissimi minuti pur di non indossare un paio di occhiali da sole. Mi ci sono voluti vent’anni per capirlo.


Ora, per chi non avesse visto Essi Vivono, sappiate che vi meritate selvaggialucarelli alla Cultura, maravenier agli Interni e speranza alla Sanità. Ma sappiate anche che potete recuperare (di corsa!) guardando su youtube (film intero) questo gioiello, che anticipava Matrix di appena 11 anni.

Infine sappiate anche che da ora spoilero dibbrutto e non me ne pento. Il Cinema non si guarda per come va a finire. Un film (e l’arte in generale) si fruisce per come ti fa sentire. Ed è proprio questo il bello. Che più cresci tu, più “cambia” il prodotto artistico che osservi. Maturando ne apprezzi le sfumature e i dettagli che ti erano sfuggiti.

Essi vivono è un action movie con tinte sci-fi iper-iconico. Motivo per cui non mi soffermerò troppo sulla trama. Si deve, però, far notare il contesto con cui si confronta il protagonista John Nada (nada in spagnolo: niente), il classico prototipo dell’anti-eroe di estrazione proletaria delle pellicole di Carpenter. Perché assomiglia dannatamente al presente/futuro che ci stanno prospettando anche qui. La Los Angeles di Carpenter dell’88 è esattamente come la L.A. di oggi, se non la guardi dalle colline di Beverly Hills: un inferno di cemento e barboni. Una cattedrale del capitalismo più sfrenato e securitario, del nichilismo tossico, della teledipendenza ipnotica, delle grandi torri d’avorio di Downtown erette dai servi della gleba della modernità: la classe operaia che campa di espedienti e lavori precari a salario minimo e vive nelle baraccopoli dei sobborghi (Non possiederai nulla ma sarai felice, cit).

L’inizio di Essi Vivono mette immediatamente a nudo l’ipocrisia del sogno americano mostrandoci che in questo sistema c’è chi quel sogno lo galoppa e chi, invece, lo paga.

Il ritrovamento dei celebri occhiali da sole “speciali” sono l’ingranaggio narrativo su cui si sviluppa tutto il film, ma sono anche una delle più feroci metafore sociali dei nostri tempi.

Gli occhiali, infatti, hanno il potere di svelare l’ideologia che sottende alla società capitalista. In pratica indossandoli, ti permettono di vedere il vero messaggio celato nella pubblicità, nella televisione, nelle riviste, nel Cinema e tutto il resto.

Quando Nada guarda la banconota da un dollaro, anziché il faccione di Washington, legge l’imperativo: Sono il tuo Dio”. Gli occhiali rendono palese la propaganda del Capitale e i suoi messaggi subliminali. In sintesi, ci dice il filosofo sloveno Slavoj Žižek: Quando metti metti gli occhiali, vedi la dittatura dentro la democrazia. L’ordine invisibile che sorregge la tua apparente libertà”
Mostrano Matrix restando dentro Matrix. 


Ora non voglio soffermarmi su quanto si incazzi l’erculeo John Nada (Piper) nel momento in cui capisce (alla maniera del fantozzi sindacalizzato) che allora mi hanno sempre preso per il culo!”, ossia di essere uno schiavo inconsapevole di un’élite di sanguisughe senza anima (alieni iper-tecnologici), ingessata dentro abiti da duemila dollari. Né sul fatto che i primi luoghi in cui va a sfogare la propria sacrosanta rabbia proletaria (armato fino ai denti) siano una Banca e poi una emittente televisiva che trasmette un messaggio ipnotico che impedisce di vedere i mostri-alieni che vivono tra noi. Non mi soffermo, però, ragazzi, vorresti essere lì a far saltare tutto per aria con loro! 

 
Il filosofo Slavoj Žižek in una scena di “Guida Perversa all’Ideologia”

Voglio tornare piuttosto sulla scazzottata, su Žižek e sul rifiuto di vedere.
In 
Guida perversa all’ideologia” (un film documentario imperdibile del 2015) il filosofo con la zeppola più famoso del mondo, analizza brillantemente i meccanismi della propaganda nel Cinema e l’ideologia celata dietro al Media-Cinema. Con la sua vocina da paperino, devasta con il bulldozzer una delle storie d’amore più celebri della Hollywood recente, spiegandoci perchè indubbiamente in Titanic il personaggio di Kate Winslet volesse morto Leonardo Di Caprio. Ma questa è un’altra storia..

Žižek disseziona, inoltre, l’eterna rissa di Essi Vivono e la identifica con una metafora dell’arcigna resistenza che il nostro subconscio oppone al maremoto interiore e al crollo delle sicurezze illusorie che porta con sé la Verità. Uno dei punti più dolorosi del film, infatti, è la constatazione che il velo di maya, l’ideologia che offusca la nostra percezione del Reale, si strappi inforcando degli occhiali.
Non togliendoli o scollegandosi da Matrix per tornare umani in carne ed ossa. Mettendoli.
Carpenter ci vuole dire (giusto con un filino di pessimismo) che l’ideologia alienante è dentro di noi, perché siamo cresciuti con lei e ci rifiutiamo di metterla in dubbio.

Ripudiare l’ideologia, allora, fa male. Perché significa ripudiare il terreno stesso in cui siamo stati “coltivati”, per utilizzare i termini del massmediologo degli anni settanta, George Gerbner. Significa ripudiare anche sé stessi. Per svegliarsi dall’ipnosi, dunque, serve essere disposti a sconfessare le idee in cui abbiamo sempre creduto con un processo psico-analitico che non può che essere lungo e violento. Per questo la rissa tra Nada e Frank Armitage pare non finire mai. Perché ciò per cui davvero combattono è accettare la verità. E la Verità è dolorosa. Distrugge le illusioni a pugni in faccia. Ed è proprio il dolore a riportare alla sfera reale dell’esistenza, oltre il sonno della ragione. Così, è come se Armitage sapesse, inconsciamente, che indossare quegli occhiali, anche solo per un secondo (vedere la verità nuda e cruda), condannerà definitivamente al martirio l’esistenza di “uno che non vuole guai”.

Perché quando cominci a “vedere”, dopo tanto tempo, poi non puoi più smettere. Questi occhiali sono come un droga, dice John Nada. Non ne puoi fare a meno, ma ti riducono a uno straccio”. La Verità è come una droga. Quando la provi, tutto il tuo mondo si colora di una sfumatura diversa che non va più via. Si macchia. E così la cerchi, la desideri, ma allo stesso tempo la detesti.

Perché sai che, dopo averla provata, quel mondo di prima nebuloso, bugiardo, ma al contempo rassicurante, è compromesso per sempre.

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Ogni volta che mi capita di leggere le deliranti invettive di J-Ax contro coloro che si oppongono all’ostia sacra delle multinazionali, mi viene sempre in mente il dissing di Dj Gruff contro gli Articolo 31 del 1998, che in una (oggi) catartica strofa dice delicatamente così:

Mi sembra il caso che tu vada a fare in c*** altrove, butta la tua faccia in un bidone e datti fuoco!”.

Oh, parole di Gruff, mica mie! Io non mi permetterei mai! Che poi fb mette in castigo perchè incito all’odio! Sfortunatamente non sono dotato dell’indulgenza plenaria concessa dallo stesso zucky a J-Ax quando permette la condivisione di un articolo di repubblica in cui il suddetto dichiara tranquillamente che vorrebbe stirarci con la macchina per strada” e non c’è uno straccio di essere umano, in quella cloaca che è il main stream, che gli dica: “Mi scusi sig.Ax, ma si rende conto che cazzo sta dicendo?”

Comunque.. i dissing nel rap sono una specie di perculata in musica in cui scrivi rime per insultare la madre di un tizio enorme che probabilmente ha un M16 nel bagagliaio. Nella sicuramente meno asserragliata e testosteronica scena hip-hop italiana, uno dei più celebri dissing è proprio quello di Dj Gruff contro gli Articolo 31, nel quale dipingeva, già ai tempi, un quadretto piuttosto lungimirante del paladino dei feticisti della pandemenza.
In pratica accusava il duo di stare rovinando la golden age dell’hip-hop italiano con la loro virata stilistica Pop e più melodica per andare in contro al mercato discografico, perché J-Ax sarebbe statopronto a bere piscio per un po’ di fama”, in quanto “in testa hai solo la quantificazione”. In altre parole per uno dei guru della movimento, J-Ax stava svendendo al main stream la scena hip-hop nata nelle periferie di Milano, Bologna e Caserta. Quella degli anni 90. Un’epoca passata quasi sottotraccia come molto spesso accade alle novità che il pubblico non è ancora in grado di recepire.

Sono servite decine d’anni di perdurante importazione del prodotto culturale americano perché il grande pubblico fosse finalmente pronto all’esplosione dell’Hip-Hop di oggi. Quel movimento pioneristico italiano ha fatto da apripista a uno stile musicale che in Italia non si era mai ascoltato perché chi ascoltava rap, trent’anni fa, lo faceva ancora con dischi, cassette e poi cd importati d’oltreoceano. Quel movimento permise in seguito ad Alessandro Aleotti di diventare J-Ax e di divenirne l’ariete di sfondamento che permise al rap italiano di approdare a MTV, naturalmente già svuotato dei suoi contenuti più eversivi. Se non ci fossero stati i Sangue Misto, i Kaos e i Joe Cassano, non ci sarebbero stati i J-Ax e i Jovanotti e poi i Fabri Fibra ed oggi tutti gli altri.

Così, sebbene quel movimento di giovani (presunto?) ‘ribelli’, ‘anticonformisti’ (che parlavano di “portare i segni della repressione”, e gridavano il loro sdegno perchè “per me lo Stato è solo stato di minaccia”), adesso si sia inesorabilmente assuefatto, come tutta l’industria musicale, al diktat pandemico; non può che farmi sorridere (karmicamente) riascoltare uno dei fondatori del movimento underground e sapere che quell’ Alessandro Aleotti, lo avesse inquadrato proprio per bene, già un sacco di anni fa. Perchè sebbene i suoi testi fossero brillanti e spesso anticonvenzionali, evidentemente già si sentiva la puzza di marcio che esala la pelle di chi per fare business è disposto a tutto. Anche a riconvertire la propria anima al sistema produttivo.

Come peraltro confermò senza pudore alcuno (come fa chi crede ciecamente nel Dio denaro) lo stesso J-Ax con il pezzo “Non c’è rimedio” (se ti da fastidio quello che ho), contenuto nell’album “Così com’è”. Nella risposta in rap di Alessandro Aleotti a Gruff esaltava la già plateale e sfrontata ammissione di cosa fosse diventato. Peraltro con un notevolissimo giro di basso ad accompagnare le voci. Perchè gli Articolo erano pure bravi e avevano “flow” come pochi. J-Ax si definisce un “imprenditore”, un ‘entertainers’, che ha “già assaggiato che sapore c’è nel fondo. E mi fa schifo”. Indi per cui non vuole tornarci mai più. Perché nel “business sono un prince come flash” e “se mi vuoi, dammi cash”. E anche nelle interviste di oggi lo si pizzica ad ammettere che fa spot pubblicitari e va in programmi tv, cose che un tempo (quando era ancora giovane e soprattutto integro) non si azzardava a fare.

Un manifesto del ‘tengo famiglia’ che oggi quell'Alessandro Aleotti che un tempo rappava “Siamo nell’anno 2030, loro controllano televisione e radio, c’è un comitato di censura audio, valutano, decidono quello che sì, quello che no” ,
e che aveva chiamato il suo gruppo Articolo 31 per la Section 31 del Broadcasting Authority Act del 1976, una legge emanata dal parlamento irlandese che minacciava la libertà di espressione,

sembra, a dispetto del suo passato, aver eretto a pietra miliare della propria esistenza.


Perchè s
e entri nel business, poi è il business che entra dentro di te. E non ne esce più.

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Veh, sempre le coincidenze inspiegabili di cui noi contadini complottari con la terza elementare parliamo solo da un anno.
Questa è la mappa dei contagi nel mondo.
Fonte Sole24 ore. Potete andare a vedere sul loro sito prima di scrivere fonteeeee.

Indovinate un po' in quali paesi i contagi restano bassi e in quali invece schizzano a manetta, anzi col booster??
Eddai indovinate!

No, dai è inutile che ci proviate. è troppo difficile!
Prevede aprire gli occhi, fare dei confronti e mettere in dubbio il proprio credo, quindi dai lasciate perdere.
Vabbè, vi do una mano che sennò è troppo complicato e mi spiace lasciarvi con questi grandi crucci che poi non dormite la notte e vi sognate Cacciari in latex.

Le nazioni rosso scuro sono quelle che NON vanno bene.
Casualmente - ripeto CASUALMENTE- sono anche i paesi in cui si punzona di più e in cui si continua a ripetere come ebeti che SE il uaccino non funziona (Ma ti evita di morire per una malattia che ha il 95% di paucisintomatici, eh!) è colpa della varianti che nascono nei paesi in cui si uaccina di meno.
(frase che nemmeno Bombolo in un film con Thomas Milian potrebbe pronunciare senza poi produrre una pernacchia con lo sfintere).

Peccato che nei paesi meno punturati il contagio e, dunque, il pericolo non vi sia.
Il contagio c'è da noi che ci siringhiamo come degli eroinomani.

Guardate di che bel rosso incandescente sono Francia, Spagna e Italia, paesi tra i più sottomessi e marchiati d'Europa. Oppure Australia e Canada.

E guardate in quegli Stati in cui, poverini, non possono permettersi il sacro graal delle multinazionali come il virus stia alla larga, perchè (immagino) non è abbastanza stimolato dalla sfida di infettare gente non uaccinata.
Tipo in tutta l'Africa e l'Asia.

Che strane le coincidenze, eh.

Per fortuna che non sono un esperto cartomante e quindi non posso leggere le cartine geografiche, eh, perchè sennò mi verrebbe da dire che IL CONTAGIO LO PROTRAETE VOI PUNTURATI.

Esattamente come ci aveva spiegato quel rincoglionito di Luc Montagnier che nel tempo libero ruba Premi Nobel al Despar, o il dott. Mariano Amici che nel tempo libero si andava a fare insultare dai viro-criminali mentre spiegava loro (senza successo) che cazzo è DAVVERO la medicina.

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L'altro giorno mi hanno raccontato una storia. E come fa notare acutamente Baricco, è solo quando si raccontano gli eventi che essi assumono le sembianze della realtà.
Perché prima restano nel limbo del "non ci credo". Del non codificato. È solo nel momento che li racconti che essi iniziano davvero ad esistere. Ad avere senso.

Per questo la storia che mi ha raccontato questo ragazzo che studia a Bologna all'Università, la cui mamma insegnante è stata costretta a in(o)cularsi per non essere sospesa, mi ha colpito sebbene l'avessi già sentita tante volte, da altre voci. Perché chi me l'ha narrata la stava ancora spiegando un po' anche a se stesso, rendendola reale anche nella sua coscienza.

Il figlio mi ha raccontato che la prima volta, la madre ha accusato dei dolori al braccio e basta. Al secondo richiamo è stata malissimo , tanto da necessitare l'ospedalizzazione d'urgenza.

Ed ora le stanno per chiedere il terzo shot. Lo sa lei e lo sa suo figlio. E sono terrorizzati.

Anche perché naturalmente dopo quanto è accaduto e quanto emerge ogni giorno (perché la verità è come l'acqua, filtra sempre) sanno benissimo che , nonostante sia stato dato alla signora il bugiardino del farmaco (caso raro) , deve anche esso essere farcito di balle inarrivabili che, se non si stesse giocando con la vita delle persone, sarebbero anche demenziali quanto Abatantuono in "Attila flagello di Dio". Perché non è possibile che dica spesso l'esatto contrario di quanto si sente in tivvi, no?!

Nel bugiardino di AstrAZZ! Leggiamo che:

1)Se inizi a punturarti con AstrAZZ poi non è che è consigliabile punturarsi al secondo giro con un altro farmaco. Cooosa?? Ma non era uno vale l'altro anche tutti insieme con una scorza di limone?? I cocktail si fanno al bar anche se i nostri virocriminali ripetono che un siero vale l'altro come se fossero bibite gassate.

2) L'effettiva efficacia di Astrazz (come detto tante volte da noi ciarlatani complottisti senza laurea) è al 59% e cala ancora in presenza di malattie autoimmuni. Quindi non solo rischiate trombosi ma anche per una protezione risibile.

3) poi però a fine bugiardino viene scritto che con AstrAZZ NON si può contrarre la malattia. Ma non avevate detto poche righe fa che protegge al 59%??

4)è vero che questo siero contiene sia lo scimpanzé che le cellule embrionali fetali umane. Quindi non ci inventavamo un cazzo quando ve lo dicevamo. Gli unici che inventano sono i beoti che si inventano un cervello nuovo quotidianamente per poter credere, ancora una volta, l'ennesima puttanata servita dai virocriminali.

5) Non è possibile prevedere reazioni avverse a lunga distanza. (METTEVELO IN TESTA MINCHIONI,cit)

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